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Il sito

L’habitat in cui si interviene è la savana africana, densa di quella vegetazione tipica di questo luogo, un’area collocata a circa 2000 m s.l.m. e molto vicina all’equatore; da un punto di vista morfologico, oltre agli aspetti tecnici riferiti dall’altitudine, al vento, all’escursione termica, nell’altopiano in cui si interviene nulla risulta orizzontale, ci troviamo in totale assenza di “piani”  se non inclinati con accentuazioni diverse.

Il nuovo complesso edilizio va ad inserirsi e a completare, un’area già parzialmente urbanizzata se  consideriamo le strutture pubbliche, quelle sanitarie, scolastiche e sportive, e quelle private come le abitazioni dei sacerdoti, delle suore, dei docenti scolastici ed altri. La nuova chiesa di affaccia su uno spazio comune alle strutture insediate, appena a ridosso della via pubblica di accesso, pur distinguendosi con la necessaria distanza, sia dallo spazio comune ché dal complesso sanitario e dalla casa canonica.

 

La forma

Vista dall’alto, la forma della chiesa è stata interpretata come uno scudo tribale, un’arma che non offende ma difende, che protegge; anche la disposizione delle sedute rafforza questa lettura “simbolico-religioso-tribale”: dunque chi risiede nel Tempio è al “sicuro”, protetto da Lui, questa è l’interpretazione data dalla comunità.

Per quanto mi riguarda, lo spazio pensato è la sintesi degli andamenti curvilinei che regolano l’intorno morfologico, sia in pianta ché nell’andamento ascendente del volume verso l’abside, ma anche quell’idea di “continuità spaziale” che la curva consente e “aiuta” infine a rendere coerente la forma architettonica con lo spazio sacro.

Nella nuova chiesa l’abside è orientato ad est in direzione del Monte Kenya che per una felice coincidenza mette in relazione l’antica tradizione cristiana di orientare le chiese al sorgere del sole, e la tradizione locale che riconosce al Monte Kenya una valenza di “sacralità”.

La luce

Come detto ci troviamo molto vicini all’equatore e dunque la luce del sole insiste allo zenit per molte ore al giorno; mi è parsa, questa, un’opportunità che non poteva essere trascurata, una risorsa “venuta dal cielo” dal grande significato simbolico per noi cristiani: ho pensato di indirizzare una luce sul fonte battesimale, “generata” dalla croce collocata all’esterno sul pronao, quale l’inizio della vita cristiana, e poi un ampio ciborio sull’altare, laddove tutto ha esito.

Il Sagrato

Il primo atto è il riunirsi, cosa che quelle popolazioni fanno provenendo da luoghi lontani; incontro che precedono con un saluto rituale e proseguono poi con il racconto del quotidiano, ricco di gestualità, a cui dedicano molto tempo com’è nella loro tradizione, in una vibrante attesa già condivisa con il sacerdote che si dispone per il rito di ingresso, come dev’essere, a partire dal sagrato: è in quel momento che ci si riconosce comunità cristiana, è in quel momento che si condividono le gioie e i dolori dell’altro e si rimanda nell’esperienza eucaristica l’invocazione e il ringraziamento al Signore.

Dunque abbiamo pensato ad uno spazio-sagrato ampio, senza barriere, arricchito dall’ombra del pronao e del verde perimetrale, uno spazio che non delimita il “sacro” ma che si apre per favorire l’accoglienza e il dialogo a quel “profano” così complesso e così bisognoso dell’incontro.

L’aula

L’azione liturgica, assolutamente dinamica e partecipativa, è lungamente danzata e cantata; non si tratta di una ritualità tribale “rivisitata” in chiesa ma di una “dinamica corporea”, che rende  autentico il modo di esprimere le emozioni più intime, quelle della gioia e, in determinate circostanze, quelle del dolore divenendo infine vero e proprio “atto liturgico”; c’è da considerare che in occidente viviamo in chiese riccamente “disegnate” che sono di fatto la secolare sintesi storico-liturgico-artistica delle comunità di riferimento, dalle quali ricaviamo quel “trasporto” interiore propedeutico alla celebrazione, anzi consideriamo questa condizione come indispensabile tanto da trovarci  smarriti in chiese “povere”; in Kenya non c’è memoria storico-religiosa ed i luoghi di culto che ho visitato sono apparentemente “spogli”, pieni però di quell’energia emanata dalla danza e dal canto che si alternano a momenti di totale silenzio, resi poi ancor più vibranti dalla sola voce del celebrante: in questa azione liturgica c’è una forte dimensione “concelebrativa”.

L’aula pertanto è pensata con spazi e percorsi favorevoli a questa “dinamica liturgica”, così come la disposizione delle sedute favorisce la partecipazione dell’assemblea, a partire dal luogo del battesimo fino a concludersi in quello spazio che precede l’altare: l’onfalo.

I lavori della struttura

Il ciborio

I lavori della pavimentazione